Topic 1

04/03/2021

Intro

Diverse crisi si innestano l’una nell’altra, con un forte rischio di fomentare il populismo e indebolire le nostre istituzioni democratiche. La crisi legata alla pandemia accelera i processi di trasformazione all’interno delle nostre società, portando a galla le tensioni. L’inazione potrebbe creare un ambiente sociale tossico, dovuto perlopiù alla mancanza di fiducia nei governi e nelle istituzioni europee o internazionali. Un sondaggio su larga scala condotto tra luglio e agosto in Germania, Polonia, Italia, Paesi Bassi, Francia, Regno Unito e Stati Uniti tenta di comprendere le speranze, i timori e le aspirazioni delle persone nella società post-pandemia. È diffusa una forte ansia riguardo la salute, l’economia e le divisioni nelle nostre società. 

Il timore più diffuso è che la depressione economica possa indebolire il livello delle attività economiche, rendendo più probabile un calo dei salari. Con la seconda ondata della pandemia che compromette la salute pubblica e l’economia che entra in una grave depressione, la gente teme l’avvento di una società sempre più marcatamente divisa. 

A dispetto del pessimismo diffuso, la percezione è però di una società che si preoccupa di più del prossimo. La gente sente di sapere di più sullo stile di vita degli altri. Il sondaggio rivela differenze per quanto riguarda l’orgoglio per come il proprio paese sta gestendo la crisi. Più bassa è l’opinione dei cittadini sulle competenze del proprio governo, più sbagliata appare la risposta politica agli occhi degli stessi cittadini. È tempo di cambiare e in tal senso la gente non vuole tornare al punto in cui era prima della crisi. Percepisce l’entità della quantità di denaro speso durante la crisi e apprezza gli investimenti in sanità pubblica, vaccini, sostegno alle industrie e ai servizi e in regimi di tutela del licenziamento. Denaro speso bene, ma la domanda è: ricostruire guardando a un futuro migliore o tornare alla situazione preesistente? La gente non vuole tornare indietro; i cittadini vogliono una nuova normalità, caratterizzata da equità e reciprocità (vedi anche punti 7 e 8). 

Il cambiamento climatico resta una priorità politica agli occhi della maggioranza delle persone. La crisi ha dimostrato che se vogliamo, siamo in grado di ridurre il nostro impatto ambientale e gran parte della popolazione ritiene che non si stia facendo abbastanza per l’ambiente. Il Green New Deal può diventare il collante che unisce le forze ambientali e sociali. 

Per quanto riguarda l’imposizione fiscale, c’è un sostegno forte e diffuso all’abolizione dei paradisi fiscali d’oltreoceano; le aziende devono anche pagare tasse adeguate (il punteggio più basso è l’87% dei Paesi Bassi). Garantire salari equi a tutti i lavoratori è un’esigenza forte (il punteggio più basso è l’89% del Regno Unito). I partecipanti al sondaggio vorrebbero che le aziende che ricevono denaro pubblico investano per proteggere l’ambiente o riducano lo stipendio degli alti dirigenti. Si aspettano che i governi abbiamo voce nelle aziende in cui partecipano; anche i lavoratori dovrebbero partecipare al consiglio di amministrazione. 

Parlando del recovery plan, la gente è più orgogliosa di quanto fatto a livello locale che a livello governativo e preferisce che le risorse siano assegnate a livello locale. 

La maggioranza dei partecipanti si sentirebbe più sicuro con una cooperazione internazionale decisamente più efficace. 

Un’agenda progressista deve promuovere equità, reciprocità e tutela dell’ambiente, impegnandosi su lavoro, salute e lotta al cambiamento climatico. C’è uno slancio politico verso l’ideazione di sistemi di tassazione più equi, l’aumento dei salari e il taglio degli stipendi degli alti dirigenti. L’agenda deve assegnare un ruolo cruciale alle autorità locali e ai partner sociali. È preferibile che abbia una dimensione internazionale, ma deve essere apprezzata dai cittadini per i vantaggi tangibili che apporta loro.

Relatori

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Matt Browne

Senior Fellow

American Progress

Matt Browne è un senior fellow del Center for American Progress di Washington DC, che guida il lavoro dell’organizzazione sul populismo, la trasformazione della politica progressista e il rinnovamento della democrazia. Matt è il fondatore di Global Progress, una rete internazionale di leader progressisti, analisti politici, strateghi, think tank e fondazioni, e co-presiede anche l’iniziativa del Berggruen Institute sul “Rinnovamento della democrazia nell’era digitale”. Matt siede nel consiglio di una serie di fondazioni progressive tra cui; Policy Network (Regno Unito), Canada 2020, VoltaItalia, Tera Nova (Francia) e Duesto School of International Relations (Madrid). In precedenza, Matt è stato direttore esecutivo di Policy Network, consigliere del governo Blair e del Partito laburista britannico e dell’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors durante il Consiglio di Laeken. Continua a consigliare una serie di leader progressisti in tutto il mondo.

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Paolo Reboani

Economist

Paolo Reboani, economista, è stato Direttore Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e presidente dell’agenzia responsabile delle politiche attive del lavoro (2010-2017). Tra il 1997 e il 2011 è stato Capo del Personale e Consigliere economico / internazionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano, e uno degli artefici della riforma del mercato del lavoro e delle pensioni. In precedenza, è stato a capo del personale presso il Dipartimento Affari europei e commercio e ha ricoperto diversi incarichi come consigliere del Vice Primo Ministro italiano, del Ministro degli Esteri e del Primo Ministro. Ha inoltre ricoperto importanti ruoli internazionali, tra cui quello di Vicepresidente del Comitato per l’occupazione; sherpa internazionale del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’Unione Europea, OCSE, G8 e G20; membro del Comitato per l’occupazione dell’OCSE.

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